Le emozioni sono un elemento fondamentale dell’essere umano: il buon funzionamento di ciascuno di noi, il nostro benessere, dipende largamente dalla nostra capacità di regolarle, gestirle e comprenderle correttamente quando le vediamo negli altri.
Molte delle difficoltà di adulti e bambini hanno a che fare con le emozioni: l’ansia, la timidezza, la paura, i comportamenti aggressivi... ma anche difficoltà che apparentemente non hanno nessun nesso, come quelle legate al sonno, all’alimentazione, alla concentrazione.
Persino alcuni disturbi fisici, i cosiddetti disturbi psicosomatici, nascono da difficoltà emotive.
Le emozioni, poi, svolgono delle funzioni importantissime.
Innanzi tutto sono un campanello d’allarme, immediato e fisico, che ci indica che sta succedendo qualcosa intorno a noi (il cuore che batte forte ci indica che c’è un pericolo o una persona a cui vogliamo molto bene); sono quindi degli indicatori per orientarci in tempi rapidi nell’ambiente.
Sono poi un potente mezzo di comunicazione: noi manifestiamo continuamente le nostre emozioni, leggiamo quelle degli altri e, attraverso le nostre espressioni facciali, possiamo dare e ricevere informazioni preziose in modo estremamente rapido e di facile comprensione.
Nonostante abbiano una base innata (ogni neonato nasce già in grado di sperimentare e manifestare le quattro emozioni di base: gioia, rabbia, paura, tristezza), le emozioni sono molto complesse, in quanto hanno diverse componenti, sia fisiche, che cognitive, che relazionali e comportamentali, e imparare a padroneggiarle completamente è un compito lungo e difficile, che può non essere raggiunto mai del tutto.
Tenendo presente che la maturazione del cervello del bambino gioca un ruolo in questo percorso, possiamo dire che, se opportunamente aiutato, intorno ai dieci-dodici anni può raggiungere un completo funzionamento emotivo, inteso come la capacità di esprimere, regolare e comprendere le emozioni proprie e altrui.
Come detto sopra, il bambino nasce con già la capacità di provare ed esprimere (attraverso l’espressione del viso e il pianto) le quattro emozioni di base, mentre bisogna aspettare gli anni prescolari per le emozioni complesse: la vergogna ad esempio, o la gelosia.
Sempre durante gli anni della scuola materna, il bambino scopre che si può esagerare o limitare l’espressione di un’emozione, ad esempio mostrandosi più contento o meno triste di quello che si è realmente.
Grandi progressi si hanno anche nel campo della comprensione delle emozioni altrui; già da piccolissimi i bambini riconoscono gli stati emotivi di chi sta loro intorno e questo si manifesta nel contagio emotivo: il bambino viene “contagiato” dall’emozione dell’altro, per cui, ad esempio, se un coetaneo accanto a lui piange, può scoppiare lui stesso in un pianto disperato.
Intorno ai 4-5 anni, invece, inizia a svilupparsi l’empatia, cioè la capacità, di fondamentale importanza per i rapporti sociali, di provare un’emozione congruente ma diversa da quella sperimentata dall’altro.
Pertanto, di fronte a un compagno che piange, il bambino grandicello non verrà contagiato dalla sua angoscia, ma potrà provare dispiacere e cercare di consolarlo.
Si capisce quanto questa abilità sia importante, in quanto ci permette di sintonizzarci sugli altri e di rispondere in modo appropriato a come gli altri si sentono.
Non è però facile sviluppare una buona capacità empatica; vedremo successivamente come si può aiutare il nostro bambino a svilupparla.
In età scolare il bambino arricchisce ancora il proprio bagaglio emotivo.
Ad esempio inizia a comprendere che non sono solo gli eventi esterni a suscitare emozioni ma anche alcuni aspetti interni, come i desideri e le conoscenze, e che due persone diverse possono provare emozioni diverse nella stessa circostanza.
Più avanti ancora, attorno ai nove-dodici anni, le abilità emotive si fanno ancora più articolate.
Emergono le emozioni morali, quelle cioè legate a dei principi etici e morali, come l’orgoglio e il senso di colpa, e quelle ambivalenti, cioè il bambino scopre che può provare due o più emozioni diverse in una stessa situazione.
Ad esempio, di fronte a un cambio di scuola, un ragazzino può provare contemporaneamente tristezza, per i compagni che non vedrà più, paura, per l’ambiente nuovo, ed eccitazione, per le nuove amicizie che potrebbe fare.
Infine, intorno a quest’età, il bambino scopre che può regolare le proprie emozioni e sperimenta strategie diverse per farlo: ad esempio può distrarsi o cercare compagnia ogni volta che si sente spaventato, oppure imparare a regolare il respiro quando prova rabbia.
Questa acquisizione è molto importante perchè consente al bambino di vivere le emozioni come qualcosa di controllabile e non come qualcosa di travolgente su cui non si può avere nessun potere.
È chiaro, quindi, quante abilità siano necessarie per gestire al meglio il proprio mondo emotivo, e come queste vadano congiunte allo sviluppo di altre abilità del cervello del bambino, come le capacità logiche e deduttive.
Quindi è importante, da una parte aiutare in tutti i modi il bambino a sviluppare una buona competenza emotiva, dall’altra rispettare i suoi tempi di sviluppo e non pretendere capacità che sono al di sopra del suo stadio evolutivo (ad esempio chiedere a un bambino di tre anni di regolare autonomamente le proprie emozioni).
Vedremo più avanti cosa può fare un genitore per accompagnare il proprio bambino alla scoperta del mondo delle emozioni.
Dott.ssa Chiara Maria Ostini
Psicologa e psicoterapeuta - Sesto San Giovanni
Dott.ssa Chiara Maria Ostini - Psicologa e psicoterapeuta a Sesto San Giovanni
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