Il gioco, ormai è cosa risaputa, è fondamentale per il bambino: è strumento di conoscenza del mondo, di apprendimento e sviluppo di competenze, nonché un potente mezzo di interazione sociale. Inoltre il bambino sembra naturalmente portato per questa attività. La maggior parte dei bambini, infatti, ad eccezione di bambini con gravi difficoltà evolutive, già a partire da un’età molto precoce è in grado di coinvolgersi autonomamente in attività ludiche con grande impegno, concentrazione e creatività.
I giochi, però, non sono tutti uguali. Si possono suddividere in base all’età del bambino (un bambino di due anni gioca in modo molto diverso rispetto a uno di sei), al tipo di gioco (simbolico, con regole, etc.) e ogni tipologia serve al bambino per sviluppare specifiche abilità e competenze (creatività, linguaggio, memoria, abilità sociali…).
C’è, però, un filo rosso che dovrebbe legare tutte le attività ludiche: affinchè produca benessere un gioco dev’essere fatto con piacere! Un gioco “fatto bene” è un gioco che genera emozioni positive, perché è attraverso di esse che il bambino può sperimentarsi come persona amabile e competente e può sfruttare al massimo il proprio potenziale di apprendimento.
Ma come nasce il piacere di giocare? Le neuroscienze hanno scoperto che i circuiti cerebrali del piacere e della gioia sono gli stessi che si attivano quando si è in interazione positiva con un’altra persona. In altre parole, il bambino prova piacere soprattutto quando può condividere il gioco con qualcuno che rifletta le sue emozioni gioiose attraverso la voce e il linguaggio del corpo. Ecco perchè è importantissimo giocare con i propri figli!
Possiamo, infatti, trovare diversi tipologie di genitori:
A questo punto avrete capito che per promuovere benessere è importante essere un genitore del sesto tipo. Ma come lo riconosciamo? È un genitore che SI DIVERTE con il proprio bimbo, che prova piacere a fare delle cose insieme, che sa scherzare e rendere giocose anche attività non propriamente ludiche, come lavarsi i denti o apparecchiare la tavola. È inoltre un genitore che sa entrare in sintonia con il proprio bambino, che gli lascia il giusto spazio nel momento di gioco, senza imporsi ma assecondando le proposte del bambino e lasciando a lui l’iniziativa. È infine un genitore che “rispecchia” le emozioni del proprio bambino durante il gioco, che gioisce quando gioisce il bambino, si entusiasma con lui e rispetta i suoi ritmi.
Detto in altre parole, è un genitore capace di connettersi con il bambino che è stato, senza perdere di vista il proprio ruolo di adulto. Tale delicato equilibrio permette di entrare in sintonia con il bambino reale che abbiamo davanti, senza rischiare di mettersi sul suo stesso piano.
In questo modo la relazione genitore-bambino migliora, perché si basa sulla condivisione di esperienze piacevoli e sul piacere di stare insieme, mentre il bambino compie un’esperienza fondamentale per la sua crescita. Vi spiego il perché. Numerose ricerche in ambito psicologico hanno messo in luce come il bambino, già a pochi giorni dalla nascita, risponda più prontamente alle manifestazioni di emozioni positive, per esempio i sorrisi. Questo accade in quanto il bambino pare sentirsi percepito come persona soprattutto se riscontra nell’altro un coinvolgimento emotivo positivo. Tale riconoscimento è essenziale perché il bambino possa soddisfare i suoi bisogni di base, cioè senta, in primo luogo di esistere, quindi di essere una persona amabile e desiderabile e, in seguito, una persona competente, capace e abile. Se ciò accade, crescendo il bambino potrà diventare un adulto con un’immagine positiva di sé e con un bagaglio di risorse utili per affrontare la vita.
Quindi, se volete che il vostro piccolo diventi un adulto amabile, sicuro di sé e capace di affrontare le sfide della vita senza abbattersi, giocate con lui! E giocate in modo da divertirvi entrambi!
Sicuramente ci sono persone per cui sarà facile buttarsi a terra e ridere con il proprio bimbo. Per altri sarà invece più difficile entrare in contatto con il proprio bambino interiore: si sentiranno a disagio, poco spontanei o non sapranno bene come fare.
Tutto ciò è normale. Se pensiamo a che bambini siamo stati, possiamo comprendere meglio le nostre difficoltà a giocare. Ad esempio, una persona che da piccola non aveva il permesso di giocare in modo spontaneo, sporcandosi e facendo rumore, avrà più difficoltà a lasciarsi coinvolgere nel gioco, rispetto a una persona che ha potuto divertirsi durante l’infanzia. Tuttavia si può imparare e i bambini possono rivelarsi i nostri migliori maestri.
In alcuni casi basterà seguire pochi semplici accorgimenti per riscoprire il piacere di giocare e di condividere un’attività così importante per i propri figli. In altri, a causa delle relazioni vissute durante l’infanzia, possono emergere delle resistenze a lasciarsi andare alla spontaneità del gioco. In queste situazioni, è utile chiedere l’aiuto di uno psicologo esperto in genitorialità, che in poche sedute può accompagnare il genitore in difficoltà a prendere contatto con i suoi nodi irrisolti e a superarli. A questo proposito, un valido strumento è la videoregistrazione: professionista e genitore, infatti, osservando insieme momenti di gioco con il proprio bambino, possono individuare facilmente il motivo della difficoltà e altrettanto facilmente trovare alternative efficaci.
Nel prossimo articolo, vedremo come superare le difficoltà e imparare a giocare divertendoci con i nostri figli.
Dott.ssa Chiara Maria Ostini - Psicologa e psicoterapeuta a Sesto San Giovanni
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